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mercoledì 4 luglio 2012

Leggenda di Capo Caccia


Tramonto al solstizio d'inverno. Il punto del tramonto si trova spostato verso Bosa. Dopo il 21 dicembre il sole inverte il suo percorso e andrà verso Capo Caccia, a nord.
 (Fotografia scattata dalla Torre di Sulis)


Tra i racconti tradizionali di Alghero non risulta alcuna leggenda sul promontorio di Capo Caccia.  Eppure il suo particolare profilo si presta a stimolare la fantasia e ad immaginare l'origine dell' "uomo che dorme".
Ecco allora una leggenda moderna che spiega perché Capo Caccia ha la forma di un gigante adagiato sulle onde e fantastica sulla formazione delle Grotte di Nettuno, custodite al suo interno. 



LA LEGGENDA DI CAPO CACCIA



Il sole gettava ombre dai contorni soffusi sulla sabbia fine e bianca delle dune, in quel pomeriggio di fine dicembre, nel giorno del solstizio d’inverno. Una giovane donna passeggiava sulla spiaggia con i suoi due gemelli, Sirio e Stella, dagli occhi neri come il carbone. Nessuno li aveva mai visti prima, e non si sapeva da dove fossero venuti.
I lunghi capelli chiari della donna ricadevano morbidi sulle spalle, e si intonavano deliziosamente con il vaporoso abito di seta color blu cobalto sfumato, più scuro verso l’orlo e più chiaro verso la scollatura. Il prezioso tessuto era cosparso da mille puntini dorati che parevano tante stelline. I delicati lineamenti del suo viso parevano emanare un bianco splendore.
I tre camminavano sul bagnasciuga. I bambini spesso lasciavano la mamma e s’inchinavano allungando le mani sulla sabbia, attratti dalle conchiglie e da minuscoli frammenti di corallo. La spiaggia era deserta, e quella luminosa solitudine silenziosa invitava ai ricordi e ai pensieri più intimi.
Dopo aver camminato a lungo, la mamma fece sedere i gemelli sulla sabbia asciutta, accanto a lei. Li invitò a guardare verso occidente, dove il sole lentamente si abbassava inondando il mare di un’abbagliante luce dorata che faceva scintillare la liquida superficie.
I gemelli volsero lo sguardo al sole morente che tingeva di rosso l’aria, l’acqua e perfino i capelli della loro mamma. Furono subito attratti dalla strana forma di una lunga terra che si protendeva sulla linea dell’orizzonte.
- Mamma, guarda! Sembra quasi un uomo coricato! - Disse il bambino.
- E’ vero, aggiunse Stella, ma è un uomo proprio grande! Sembra un ... gigante!

- E’ un gigante, un gran gigante
che dorme e dorme e dormirà...
Chi lo sveglierà?
Trallalero trallalà!



Prendendosi per mano i bambini saltavano e ballavano cantando l’allegra filastrocca improvvisata da Sirio che aveva sempre una canzoncina per ogni circostanza.
Anche la mamma si lasciò coinvolgere dall’atmosfera gioiosa e ballò e cantò con loro. Infine fece uno strano sorriso malinconico e disse:
- Volete sentire la storia del gigante addormentato?
- Siiiiiiiiiii ! trillarono i gemelli e si accucciarono accanto a lei con la bocca spalancata e un’espressione di felice attesa negli occhi sfavillanti.
Le storie che la mamma inventava erano sempre molto belle. Non erano di quelle che facevano paura, ed avevano solo un difetto: finivano troppo presto.

« Tanti, tanti anni fa in questo territorio che vedete adagiato là in fondo, tra le alture e il mare, viveva un giovane uomo molto alto, tanto alto che fu soprannominato «Il Gigante». Nessuna ragazza voleva sposarlo, perché era troppo alto, e lui trascorreva i suoi giorni solo ed infelice. In una notte d’agosto passeggiava, così come ora facciamo noi, su questa spiaggia. Ad un tratto sollevò lo sguardo e, in un cielo blu cobalto, tra tanti luminosi e splendenti astri, vide la Luna. Certo, non era la prima volta che vedeva la Luna, ma quella sera la osservò più attentamente, anzi, si può affermare che non riuscisse a toglierle gli occhi di dosso. Si sdraiò sulla sabbia e i suoi occhi neri come il carbone rispecchiarono a lungo il riflesso del bianco disco. Più guardava, più gli sembrava di vedere un’attraente fanciulla, con un viso sorridente e buono, e con una gran voglia di parlare. E, ad un tratto, il Gigante vide la lunare bocca schiudersi teneramente. Come per incanto, nel cielo risuonò una dolce e suadente voce:
- Ciao! Come mai sei tutto solo sulla spiaggia e non sei a passeggio con i tuoi amici?
Il nostro Gigante non si meravigliò nel sentire la Luna parlare. Come vi ho detto, aspettava di udire la sua voce da un momento all’altro, e fu molto felice. Il suo cuore ebbe un fremito, e nel suo viso si delineò una felicità assoluta. La sua potente voce echeggiò, con modulazioni tenere e suadenti:
- Ciao, Luna. Anche tu stasera sei tutta sola nel cielo! Una fanciulla così bella avrà sicuramente molti ammiratori e molti amici. Tu di certo non ti annoi lassù.
La Luna., un po’ imbarazzata da quel complimento, non seppe che cosa rispondere. Ci fu un lungo silenzio durante il quale i due si guardarono intensamente. Gli occhi del giovane erano come incatenati da quello sguardo che proveniva dal cielo e lanciava misteriosi messaggi.
Ad un tratto una nuvoletta coprì il satellite ed il giovane si sentì tradito. Dunque ella si nascondeva al suo sguardo, voleva solo ingannarlo! S'alzò in piedi e cercò di scostare l’ostacolo, ma, per quanto fosse alto, non riuscì ad arrivare fin lassù.
Anche la Luna, disperata, lo cercava di là da quel bianco velo. Sembrò un’eternità, ma infine la nuvola dispettosa si allontanò e i due tornarono a sorridere.
Parlarono a lungo ed infine il Gigante, preso un po’ di coraggio, le chiese:

- Perché non vieni quaggiù? Potremmo conoscerci meglio, e potremmo trascorrere delle belle serate insieme.

- Mi piacerebbe tanto, ma mio fratello, il Sole, non vuole che io lasci il cielo. Vieni tu quassù. Qui c’è tanto spazio per noi due.


- Non posso salire fino a te. Come possiamo fare allora?



Ma, come si sa, le notti d’estate finiscono in fretta. Già il cielo schiariva e stava per cominciare un nuovo giorno. La Luna sbiadiva e stava ormai per andarsene.
- E’ tardi, ora arriva mio fratello e non potrai più vedermi. Devo salutarti.
- Addio! Appena sarà buio tornerò a trovarti! Non mancare all’appuntamento!

La mamma si alzò, raccolse l’ampia gonna frusciante, la scrollò e fece cadere giù la sabbia bianca e fine.
- Ma non è mica finita! - Disse Stella. Vogliamo sapere che cosa è successo dopo.
- Bambini, il sole sta per tramontare e si sente già la brezza. E’ ora di andare via. Torneremo domani e continuerò la storia.

I tre camminarono verso est e ben presto le loro orme si dispersero nel nulla. Poco dopo una meravigliosa Luna sorse nel cielo ad oriente, proprio nello stesso istante nel quale il sole tramontava ad ovest. Accadeva quasi sempre così, nel giorno del solstizio d’inverno, e fin dai tempi più antichi gli uomini osservarono tale spettacolo tanto singolare e suggestivo. I due fulgidi astri, uno rosso ed uno bianco, si davano il cambio nei due punti opposti dell’orizzonte e si specchiavano per alcuni istanti l’uno nell’altro.

Il pomeriggio seguente i tre tornarono in riva al mare. Si sedettero a ridosso di una bianca duna, e la mamma riprese il racconto.

« Per molte notti successive i due si incontrarono ma il giovane si accorse che la sua amata diveniva ogni notte più sottile.
- Che ti succede? Il tuo viso non è più rotondo, ti vedo molto più esile. Sono preoccupato per te.
- Non è nulla. Mi succede sempre così. E’ a causa del viaggio che compio durante il mese intorno alla Terra. Tra qualche giorno sparirò del tutto, ma tu non disperarti. Io sarò ugualmente nel cielo e potrò vederti, anche se per te sarò invisibile.
Anzi, ora ti rivelerò un mio piccolo segreto. Nel periodo in cui tu non mi vedrai, potrai sapere esattamente quando sarò presente. Osserva il mare. Ora le onde si allungano sulla spiaggia, fino a lambire quelle piante spinose che con le loro radici trattengono la sabbia. Questo accade perché l’acqua è una mia fedele amica e si solleva sempre per salutarmi, perché lei sente la mia presenza. Gli uomini affermano che c’è alta marea quando io sono nel cielo. Devi sapere che il mare si accorge di me anche quando sono invisibile agli uomini. A te basterà osservare la marea per capire che sono quassù. Ora lo sai anche tu. Anzi, in uno di quei giorni, approfittando del fatto che nessuno si accorgerà della mia assenza nel cielo, cercherò di venire sulla tua Terra. Così potremo vederci da vicino e potremo passeggiare insieme nella tua bella città.
Nel sentire queste parole, al Gigante tremarono le gambe e quasi non voleva credere alle sue orecchie. Provava tanta felicità, che gli spuntarono due lacrime.

Giorno e notte, senza tregua, pensava ad una via d’uscita per la loro triste condizione. Infine si decise. Sarebbe andato a parlare con il Sole, e lo avrebbe convinto a lasciare libera sua sorella perché potesse sposare chi voleva, e potesse vivere nel luogo da lei desiderato.
Quando il Sole sentì la richiesta del giovane, fece una lunga, sgangherata, sonora risata. Un misero mortale non poteva certo sposare la Luna. Già aveva rifiutato principi e re. Quando poi sentì pronunciare la parola «amore» andò su tutte le furie e, per tagliare corto il discorso, gli assicurò che, se lo avesse trovato a parlare ancora con sua sorella, lo avrebbe trasformato in una roccia, una roccia bianca calcarea che non avrebbe mai avuto riposo perché l’acqua l'avrebbe tormentato per l’eternità sciogliendo le sue membra e scavando gallerie nelle sue viscere.
Il poveretto capì che non c’era nulla da fare per loro due. Erano destinati ad un amore infelice, senza speranza. Non avrebbe più potuto parlare con la sua amata Luna, e non avrebbe più udito la sua voce soave. Da allora vagò per ogni luogo senza pace, senza più riuscire a trovare riposo né un motivo per vivere. Pensava sempre alla Luna che in quei giorni diveniva sempre più grande e luminosa. Una notte la osservò dalla finestra della sua casa e vide il suo bellissimo viso inondato di lacrime. Anche lei soffriva per quella crudele separazione. Allora non resistette più e corse sulla spiaggia, per parlare ancora con lei, per guardarla e per giurarle che il suo amore sarebbe stato eterno.
Piansero entrambi penose lacrime, e cercarono un modo per ingannare il Sole. Forse sarebbero riusciti a vedersi almeno nelle notti di plenilunio, ma dovevano stare molto attenti, perché il Sole arrivava inaspettato e anticipava sempre l’ora del suo levarsi quando si andava verso l’estate. S'era ormai in maggio. In quelle notti tiepide e serene il Gigante e la Luna passavano ore ed ore a parlare e a fare progetti. Infatti non avevano smesso di pensare ad un loro futuro insieme. E proprio in un giorno di fine maggio il sole decise di alzarsi un po’ prima, dato che ormai l’estate era vicina ed occorreva accorciare il tempo della luce. Fu così che trovò il Gigante mentre conversava ancora con sua sorella.
Non si può descrivere la furia che sconvolse il terribile fratello. La sua voce rimbombò nel cielo come il più fragoroso dei tuoni.

Stolto umano
Sei sciocco e insistente,
sarai castigato immantinente.
Ti ho già avvertito, in verità
Roccia diverrai, per l’eternità.
Qui giacerai, verso ponente,
dove la sera io calo dormiente
ed ogni dì, nell’ora del riposo
vedrò il macigno, tutto corroso.



La Luna, sentendo quelle parole, pianse, pregò, invocò, scongiurò, ma non ci fu nulla da fare. Il Gigante si trovò ben presto avviluppato dai raggi solari che lo trascinarono fino all’orizzonte dove u disteso e trasformato in bianco calcare. Ma l’amata Luna non sopportava l’idea che il suo Gigante fosse mutato in una brulla falesia scavata dall'acqua, dilaniata nelle sue viscere, e fosse destinato a diventare un misero nero antro. Allora pensò di fargli un piccolo dono, in ricordo del loro grande amore. Pregò l’Acqua, sua grande amica, di renderle un favore.

- Amica Acqua, immenso è il dolore
vengo per chiederti un gran favore.
Quando entrerai a goccia a goccia
lascia il calcare sopra la roccia.
So che, se vuoi, tu puoi creare
trine, ornamenti e gemme rare.
Sarà il mio dono per il Gigante
che di sventure ne ha avute tante.

Trascorsero gli anni, i secoli, i millenni. Per il volere del Sole, la pioggia si infiltrò lentamente nella roccia ed iniziò pian piano la sua opera di distruzione penetrando attraverso misteriosi passaggi. Ma ben presto in quei bui e spaventosi antri cominciarono a cadere delle goccioline ... tic... tic...tic...una, due, tre, e così via, per un tempo lunghissimo. Quelle gocce non erano fatte solo di acqua, ma, per esaudire il desiderio della Luna, ciascuna portava con sé un pochino di quel calcare che aveva preso dalla roccia, e infine lo affidava ai pavimenti, ai soffitti e alle pareti della cavità. E, come per miracolo, nelle grotte della falesia crebbero possenti colonne bianche e splendenti, ricche di trine e ricami. Stalattiti e stalagmiti rendevano preziosi i cunicoli e gli antri, che divennero più sontuosi dei saloni che si trovano nel palazzo del re. Un diafano strato di alabastro rivestì le nude pareti; qua e là curiose figure di esseri arcani affiorarono e popolarono di affascinanti presenze quel regno misterioso.



Il grande amore della Luna per il Gigante aveva creato dunque delle magnifiche grotte, a dispetto del crudele Sole.
E ancora oggi, nelle calde notti estive, la Luna invia i suoi bianchi raggi al Gigante. Sembra quasi che voglia tenerlo stretto in un forte abbraccio. Il calcareo promontorio allora pare elevarsi dalle acque scintillanti, come se stesse per spiccare un salto, per raggiungerla.»

- Ora è proprio finita! - Disse Sirio.
- Questa volta però era più lunga. - Aggiunse Stella.
- Era proprio bella. - Dissero i gemelli in coro, mentre i loro occhi neri riflettevano i colori e le luci del tramonto.
- E’ ora d'andar via. Il sole sta per tramontare. Su, su, dobbiamo affrettarci.- Li avvertì la mamma.
I bambini volsero lo sguardo verso ponente e lanciarono delle eloquenti occhiate all’astro dorato che s'inabissava all’orizzonte, accanto al Gigante di pietra.
- Il Sole è proprio cattivo!
- No, bambini, non sempre il Sole è cattivo! Un’altra volta vi racconterò di quando il Sole fu generoso…
- Racconta, racconta!...
- Un’altra volta. Via, via, ora si è fatto tardi! 
Tre lunghe ombre si avviarono lungo la spiaggia verso oriente e nessuno li vide più in quei luoghi.
Poco dopo la marea cancellò le loro leggere impronte sul bagnasciuga. Nel cielo ad est era apparsa la Luna. Con il suo bianco splendore disperdeva le tenebre della notte e sorvegliava amorevole il sonno del Gigante. Le erano vicine due stelline che sembravano fare un girotondo insieme con lei.

Giovanna Tilocca






Il Gigante dorme avvolto dalla nebbia



Qualcuno potrebbe chiedersi perché nella leggenda non si è sfruttata la denominazione delle grotte e perché quindi non si parla di Nettuno. Così è. Chi vuole può anche scrivere una leggenda con Nettuno come protagonista. Perché no?


Chi volesse approfondire la storia delle visite alla grotta, "le partite alla Grotta", come venivano definite nel 1800, può leggere il libro di Enrico Costa, "Alla Grotta di Alghero" che descrive con ampi particolari e numerose notizie storiche la partita alla Grotta del 12 agosto 1884 svoltasi con una ventina d'imbarcazioni. Dopo la visita lo scrittore si inerpicò fino al Faro di Capo Caccia e scese alla Grotta Verde. 
Egli parla anche di tre fratelli (Pasquale, Francesco e Rafaele) famosi per concertare le gite, quanto per conoscere a punto fisso tutti i crepacci o le sporgenze della Grotta, su cui collocare le candele per la illuminazione. E' quasi sicuro che si tratta di tre componenti la famiglia Ceravola, il padre Raffaele e i due figli Luigi ed Emilio anche se i nomi non corrispondono del tutto. Ma lo scrittore ha cambiato i nomi dei partecipanti alla "partita", quindi non è strano che abbia inventato anche alcuni nomi dei marinai. Da quanto tramanda Michele Chessa nel suo volume "Racconti algheresi" del 1976 si sa che i fratelli Ceravola, di origine livornese, organizzavano le gite alle grotte già dalla fine dell'ottocento.

Nell'Archivio Storico di Alghero non risulta alcun documento sulla Partita alle Grotte del 1884, ma ho trovato una delibera del 16 luglio 1891.
Riporto la delibera.


"La giunta, vista la domanda di Cherubini Francesco tendente ad ottenere il permesso di una partita per visitare la Grotta di Nettuno nella seconda quindicina di luglio ed altra simile di Usai Agostino per la prima quindicina di agosto, Unanime Delibera di concedere a Cherubini Francesco ed Usai Agostino i richiesti permessi alle seguenti condizioni:
1° Che l'Antro sia illuminato con non meno di 1000 lumi;
2° Che vi siano non meno di 10 illuminatori;
3° Che vi sia una barca a disposizione dei Delegati del Municipio;
4° Che le barche siano illuminate con palloncini;
5° Che i biglietti siano vistati dal Municipio;
6° Che ove la Grotta non venga visitata sia restituita non meno della metà del costo dei biglietti;
7° Che il biglietto d'ingresso non ecceda le lire sei;
8° Che la Grotta sia totalmente illuminata  prima dell'ingresso dei visitatori;
9° Che ove i concessionari non ottemperino rigorosamente a quanto sopra sarà loro negato ogni ulteriore permesso di gita nel corrente e nei prossimi anni."




Per gli algheresi Capo Caccia era Lu Fruntuni e ora è Ca' de ra Cassa
Seguendo la grafia catalana è stato tradotto con Cap de la Caça e così viene alterata anche la pronuncia.


CAPO CACCIA E I DINOSAURI


Mi sono divertita a inserire Capo Caccia in un disegno di dinosauri. Diventerà la stampa su tela per una cameretta di bambini.
Volendo essere pignoli bisogna aggiungere che quando si è sollevato Capo Caccia emergendo dai fondali marini, dove il calcare si era accumulato nel corso di milioni di anni, i dinosauri erano già estinti.
Ma questo è solo un disegno di fantasia e alla fantasia tutto è concesso.

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