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mercoledì 6 febbraio 2013

Il senso della vita



Rocce del Limbara

Ivana lavorava a maglia nel suo soggiorno. Un silenzio quasi religioso riempiva l'aria della stanza dove i quadri appesi al muro parevano visioni di un tempo lontanissimo ormai perso per tutti. La lunga sciarpa in lavorazione si arrotolava ad ogni cambio di ferri mentre il gomitolo andava e veniva sul pavimento lucidato a specchio. Ivana ogni tanto tirava il filo e poi lo faceva passare tra le dita della mano destra, così come le aveva insegnato sua madre tanti, tanti anni fa, quando era ancora bambina. Pochi ninnoli sullo scaffale che separava la zona pranzo dal salotto denotavano un gusto particolare per le ceramiche e per i cristalli mentre erano del tutto assenti i portacenere. Una bella pianta grassa invasata in un contenitore di rame era appoggiata al centro del tavolino. Dai trafori della tovaglietta in cotone ecrù lavorata a uncinetto posata sul tavolino si intravedeva il colore scuro del legno. Aveva proprio azzeccato il motivo della tovaglietta, era decisamente soddisfatta del suo piccolo capolavoro.
L'ampia vetrata faceva entrare luce in quantità nel soggiorno. Mentre dalle finestre delle abitazioni intorno si indovinava l'uso della luce elettrica, lei aveva il privilegio di godere della luce naturale per gran parte della giornata anche durante l'inverno. Eh, si, era stata una bella idea quella di fare una vetrata che dava direttamente sulla terrazza. Oltre ad avere luce in abbondanza, durante l'estate poteva riposare gli occhi sulla vite americana che tappezzava di verde il muro di fronte. E poi spesso sulla terrazza passavano i gatti del vicinato. Erano così carini! Arrivavano alla vetrata, si sedevano lì davanti e guardavano dentro casa. Qualche volta, spinti dalla fame, poggiavano le zampe sui vetri allungandosi il più possibile. Allora Ivana guardava se aveva qualche avanzo, oppure del latte, per sfamarli. Però quei malandrini il più delle volte storcevano il muso. Infatti erano ormai abituati alle crocchette e al cibo per gatti e non si litigavano più per una zuppa di latte o per delle lische di pesce come avveniva un tempo. Per non parlare della pastasciutta che non toccava quasi il contenitore perché già si allungavano i musi e le zampe per intercettarla. Altri tempi.
Questa sciarpa non finiva più. Più lavorava, più le sembrava corta. Colpa sua se aveva perso la sua bella sciarpa? E dove era successo il fatto? Al supermercato, al negozio dei detersivi o per strada? Quando era andata a cercarla nessuno l'aveva vista. Possibile? Sparisce così una sciarpa bicolore lavorata a mano? Mah! Per fortuna a casa si era trovata della lana uguale, anche se già usata, e adesso la rifaceva identica.
Ripensava alla fine del film "Departures" che aveva visto poco prima. Una fine pacificante, consolatoria, con uno sguardo verso il futuro. Strano film. All'inizio Ivana era rimasta perplessa. Le era piaciuta molto la scelta di far vedere l'automobile che viaggia nella nebbia. Lasciava presupporre una buona scenografia. Ma quando era comparso il cadavere adagiato sul pavimento ed erano iniziate le pratiche per prepararlo, aveva subito bloccato la pellicola. Suo marito già brontolava "Bei film registri!" In effetti non era un film da vedere per chi cercava uno spettacolo possibilmente divertente e spensierato, giusto per conciliare il sonno. Tuttavia non lo aveva cancellato. Nei giorni successivi ripensava al film. Chissà, forse avrebbe assistito a sequenze interessanti sul culto dei morti in Giappone e avrebbe potuto aggiungere delle notizie al suo lavoro di ricerca sulle superstizioni. Così, un pezzo per volta, lo aveva visto tutto. Era decisamente un bel film ma certo occorreva lo spirito giusto per guardarlo. A lei interessavano le pratiche del tanato-esteta, le interessava soprattutto capire perché i parenti volevano che il loro caro venisse preparato in maniera impeccabile visto che poco dopo si sarebbe proceduto alla cremazione. Era forse un ultimo omaggio per rendere meno traumatica la separazione, un risarcimento al defunto che, avendo perso la vita, otteneva un'attenzione speciale da parenti ed amici, che assistevano alla preparazione in raccoglimento, attenti ad ogni gesto del rito... Ivana non sapeva, ma aveva capito che la cerimonia serviva ai parenti per attutire il dolore del distacco perché vedere il loro caro fatto oggetto di tanta sollecitudine li gratificava, e ancora di più era motivo di consolazione osservare come quel viso ormai inanimato diventasse bello dopo il trattamento, come se la morte non lo avesse toccato. Molti ammiravano così la vera immagine del proprio caro, quella che non sempre erano riusciti a cogliere durante la vita. Pochi minuti per riempirsi gli occhi di quelle sembianze, e poi solo un po' di cenere.
Dopo aver visto il film Ivana lo aveva cancellato. E poi si era posta tante domande. Aveva scoperto che la pratica dei tanato-esteta era ormai sparita dalle grandi città ed era caratteristica dei centri più piccoli del Giappone, e chissà, forse era destinata all'oblio. Il senso pratico prevale poi su tutto, si sfronda ciò che è ritenuto superfluo, e con ciò si spoglia il senso della vita che diventa sempre più scarno, più sottile, più impalpabile.
E poi ci si chiede perché viviamo, che significato ha il passaggio sulla terra, a che cavolo serve la nostra fatica, il nostro impegno, la nostra volontà di andare avanti, e non ci sappiamo dare neppure uno straccio di risposta. Ivana aveva risolto il problema immaginando di partecipare ad una grande festa che un giorno sarebbe finita, ma finché c'era bisognava ballare. Non si poneva più domande da quando aveva capito che se nessuno fino ad oggi aveva trovato una risposta, certamente non ci sarebbe riuscita lei. E allora viveva senza porsi inquietanti perché, senza credere in fantasmi che nessuno aveva mai visto. Conosceva un solo modo di passare il tempo: andando alla ricerca dell'uomo, dei suoi pensieri, dei suoi sogni, delle sue scoperte, di quel mondo di idee che gli aveva permesso di ottenere una vita comoda e gratificante in un habitat che non sembrava fatto per lui.
Squillò il telefono. Oh,no! Sarà qualcuno che vuole farmi un nuovo contratto per il telefono! Ti prego. No! Gli squilli continuavano. Ivana lasciò il lavoro sulla sedia e andò a rispondere. - Pronto? .... Ah, ciao. Come stai? ... Come al solito, si va avanti, come sempre ... Certo che mi fa piacere, vieni pure, stasera non devo uscire. Ciao, a dopo.-
La sua amica veniva a trovarla, chissà, sicuramente voleva qualcosa. Aprì la vetrina e prese tre piattini, due tazze da tè, e la teiera; no, non mancava niente. C'era il limone? Guardò in frigo. Sì, il limone c'era. Lo affettò e lo posò su un piattino. Prelevò due cucchiaini, e li adagiò sui due piattini. Si ricordò dei tovaglioli da tè e li mise vicino ai piattini dopo aver controllato che fossero puliti. Non li usava spesso. Mise sul fuoco un bollitore con abbondante acqua e attese la scampanellata che non tardò a farsi sentire.
Baci, abbracci. -F
inalmente ti fai vedere! Ti trovo bene. Sei dimagrita? E questo che cosa è? Oh, delle arance. Grazie! Che profumo! Scommetto che le hai appena colte. Sono meravigliose e saranno sicuramente buonissime!
- Sono le prime arance. Quest'anno gli alberi hanno caricato.
- Sto preparando il tè. Non ho biscotti, ma possiamo accompagnarlo con i crakers. Preferisci zucchero o miele?
- Sono venuta per dirti che mio figlio si è candidato.
- Prima che continui ti dico che io sono "antipolitica" e "populista". Non so con chi si sia candidato Emanuele, ma per quanto mi riguarda non intendo andare a votare. E poi, scusa, non hai sempre detto che tuo figlio è un buono a nulla?
- Eh,si, è vero. Ma tu credi che chi fa politica sia capace di fare qualcosa? E' proprio perché sono buoni a nulla che fanno politica! Anzi, a ben pensarci, mio figlio è troppo onesto per ficcarsi là in mezzo! Ma sicuramente potrà cambiare.
- L'acqua bolle!
- Cara mia se vogliamo che qualcosa cambi in questo schifo di paese bisogna farsi sentire.
- No, io credo che ormai niente più ci salverà, e non intendo diventare complice di chi sta divorando l'Italia. Stanno distruggendo una nazione intera e non darò il mio avallo. Non posso bloccarli, ma non voglio essere complice.
- Ho capito, non voglio stare a convincerti. Anch'io penso che non si possa fare niente di niente in questo schifo di posto, ma arrivare in parlamento significa avere un ottimo stipendio, privilegi a non finire, possibilità di fare affari... è insomma, una buona sistemazione ...
Tra una sorsata e l'altra di tè si materializzavano intorno alle due amiche euro in quantità smisurata, privilegi, appalti, contratti ... Ad ascoltare con attenzione nella stanza si sentivano anche i dlin dlin dei soldi.
Quando l'amica andò via dicendo che aveva ancora tante visite da fare Ivana ritirò le sue tazzine di porcellana prima che facessero una brutta fine e riprese il lavoro. Ma ora non vedeva più bene. Appoggiò il lavoro sul grembo e attese un po' prima di accendere la luce. Le piaceva quella penombra che dava al suo soggiorno un aspetto particolare, mettendo in evidenza ciò che la luce nascondeva. Mio Dio! Che cos'era la vita? Era forse quel buio dove milioni di diseredati cercavano a tentoni l'uscita dall'incubo della disoccupazione, della cassintegrazione, del lavoro perduto e più ritrovato, o era la luce sfolgorante dei privilegiati che non conoscevano ostacoli al loro bengodi? Quando sei immerso nella luce non vedi chi sta nel buio. Era per questo che i due mondi non potevano incontrarsi. Ed era per questo che Ivana, angosciata per non poter aiutare i condannati alle tenebre, non avrebbe certo acceso altri lumi per chi già godeva della luce.
Rimase ancora a lungo seduta sulla sedia al buio ad ascoltare le voci di chi chiedeva giustizia, equità, uguaglianza. Ma non seppe dare nessuna risposta.

Giò

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