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domenica 20 marzo 2016

Inquisizione ad Alghero

Alghero al tempo dell'Inquisizione
Alessandra Derriu e i documenti dell'Archivio Diocesano



Ingresso dell'Archivio Diocesano di Alghero (Foto febbraio 2016)

La vicende del popolo, quelle che i libri non riportano perché trattano solo la storia con la esse maiuscola, ci arrivano da antichi documenti di archivio redatti secoli fa e dimenticati per altrettanto tempo. Attraverso polverose e talvolta quasi illeggibili carte possiamo introdurci nel privato di persone sconosciute, quelle che popolavano Alghero in tempi lontani e delle quali niente altro è rimasto se non un nome e alcune notizie. Sembra poco, quasi niente, ma nel leggere quelle remote parole si aprono scenari imprevisti, che lentamente si illuminano e mostrano molto più di quanto i segni tracciati sulla carta non dicano. Così ci troviamo a vagare per le strette strade, oltrepassiamo le soglie delle porticine, saliamo le ripide scale, e ci introduciamo nelle dimore per conoscere i desideri, le ansie, gli affanni dei loro abitanti. Donne che vogliono impedire al proprio marito di tradirle, persone malate che cercano rimedi che la medicina non può offrire, innamorate non corrisposte che desiderano catturare l'attenzione del giovane amato, cercatori di tesori custoditi da esseri maligni molto difficili da sconfiggere.  

Lo scenario umano rivelato dai documenti è vario, vi compaiono persone che vivono in preda alla paura e al contempo altre che sono convinte di avere poteri soprannaturali in grado di dirigere le volontà altrui e di determinare il corso degli eventi.
Nella città forze del bene e forze del male operano instancabili per portare fortuna o sciagura e gli abitanti cercano di propiziarsi la buona sorte e di scongiurare il male con ogni mezzo ritenuto idoneo.
Non è difficile approfittarsi della credulità popolare per coloro che cercano un modo per sopravvivere mostrandosi capaci di padroneggiare tali forze.

Dalle testimonianze rese al vescovo inquisitore emerge anche la città settecentesca con le sue abitazioni e i sottani, i magazzini degli attrezzi da pesca vicino all'oratorio del Rosario, le taverne dove si mangia e si beve, le feluche per la pesca del corallo ancorate fuori della Puerta de la Marina, il quartiere dei soldati, la casa de la çiutad che si trova nella piazza dove il giorno di Pasqua tra le sette e le otto di mattina si tiene il sermone dell'incontro tra la Madonna e il suo Figlio risorto, il palazzo episcopale con la sua aula della Santa Inquisizione e le carceri del Santo Officio, le numerose chiese e i conventi usati anche per rinchiudere gli inquisiti nelle celle durante gli interrogatori, il cimitero della cattedrale dal quale provengono le ossa di morto necessarie per alcune pratiche.

I documenti analizzati da Alessandra Derriu sono veramente tanti e sono, ciascuno a suo modo, delle fondamentali e uniche fonti di informazione.
La parte del documento riportato sotto ci dice che l'Ospedale di Sant'Antonio Abate veniva denominato di San Giovanni di Dio visto che era affidato ai Fatebenefratelli.



Il documento riguarda il frate minore degli osservanti di San Francesco Giovanni Antonio Tattis di 41 anni denunciato dal suo confratello Vincenzo Calvera che lo accusa di aver pronunciato alcune orazioni e il De Profundis per nuocere alla vita del vescovo che non aveva aderito alla sua richiesta di esporre il Santissimo per i napoletani.
Tattis viene rinchiuso in una cella del Convento-Ospedale di San Giovanni di Dio ma in seguito viene trasferito in altri conventi perché c'è il problema del pagamento dei suoi alimenti. Il frate viene condannato ad abiurare il sospetto di eresia, alla sospensione per un anno della facoltà di celebrare messa e di confessare, a prendere l'eucaristia una volta al mese. Ma il francescano pensa bene di togliere il disturbo e scappa dal convento nel quale è recluso per recarsi in Corsica dove continua a celebrare messa.

La lettura del libro “Il tribunale dell'Inquisizione ad Alghero” di Alessandra Derriu è dunque un modo per vivere la città nel tempo oltreché nello spazio. Ci offre infatti la dimensione temporale di Alghero e ci rende consapevoli del passaggio delle generazioni nei secoli. Possiamo percepire con tutti i sensi il flusso degli abitanti con i quali condividiamo gli spazi in quello scorrere continuo che è la storia.

Articolo pubblicato sul numero di marzo 2016 della rivista L'Isolano.


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