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domenica 9 dicembre 2018

Giallo nell'Isola della Maddalenetta

CHIUNQUE VOLESSE UTILIZZARE LE NOTIZIE E I DATI QUI PUBBLICATI (ANCORA IN VIA DI ELABORAZIONE) IN CONFERENZE, STUDI, PUBBLICAZIONI, DEVE GENTILMENTE INDICARNE L'INDIRIZZO WEB E L'AUTRICE.






La Maddalenetta è poco più che uno scoglio affiorante nella rada di Alghero a poca distanza dalla spiaggia di Maria Pia. 
Eppure la sua vita è stata piuttosto movimentata, a partire da quando vi è stata costruita una chiesetta intitolata a Maria Maddalena, sede di canonicato fin dai primi decenni del 1500. 
Un atto di morte ci porta tra le sue rocce e ci dice che il 17 agosto 1746 su quell'isoletta è accaduto un evento molto particolare e strano che fa sorgere tante domande, alle quali non si riesce a dare alcuna risposta.



Un insolito atto di morte

Nel Liber Mortuorum dell'Archivio Diocesano di Alghero si trova un documento alquanto singolare. Infatti non è stato redatto nel solito modo degli atti di morte che è individuale e prevede una breve formula con la data, il nome del defunto e il luogo di sepoltura ma è discorsivo ed accomuna in un unico scritto tre persone che formavano una famiglia.






Ecco di seguito il testo che ho liberamente tradotto dal latino.

«Il 23 agosto 1746 morì (obiit) munito di tutti i sacramenti Antonio Caya della città di Barcanio in Gallia; aveva circa 39 anni. Inoltre (item) il 17 agosto rese l'anima a Dio (Deo anima reddidit) sua moglie che si chiamava Rosa Mera figlia di Antonio Mera e di Maddalena Obino della città di Draquina in Gallia. Non ricevette alcun sacramento; morì (obiit) nella chiesa di S. Maria Maddalena nell'Isola dove la chiesa è situata e lì il suo corpo fu sepolto. Aveva 26 anni. Inoltre una figlia dei detti defunti Antonio Caya e Rosa Mera chiamata Maria Anna di tre anni volò in cielo (in coelis evolavit) il giorno 24 dello stesso anno e mese. I due corpi furono sepolti nella chiesa di S. Anna dove vengono seppelliti i poveri».

Indubbiamente leggendo l'atto sorgono spontanee numerose domande. Perché la donna non ricevette i sacramenti? Quando ciò accadeva per una morte improvvisa o accidentale veniva sempre specificata la causa del decesso proprio per giustificare l'assenza della somministrazione dei sacramenti. La defunta viene sepolta in chiesa, pratica non concessa ai suicidi o a persone morte in peccato mortale.
Perché la donna è morta proprio nella chiesa della Maddalena? Vi erano epidemie in corso? La morte in così breve tempo di padre, madre e figlia farebbe supporre proprio la presenza di qualche malattia contagiosa.
L'atto precedente è del 21 agosto e i due seguenti sono del 23 e del 25 agosto, e queste date ci portano ad escludere epidemie in atto che fanno registrare numerose vittime ogni giorno. Se non c'erano malattie contagiose come mai genitori e figlia sono morti nel volgere di una sola settimana?

 Un altro elemento strano è il fatto che Rosa è morta il 17 ma viene citata posteriormente al marito che è mancato ben sei giorni dopo. Per qual motivo il suo atto di morte si trova dopo quello del 21 agosto e non prima? Forse nessuno si era accorto che la donna era morta giorni prima nell'isoletta. Come si fa allora a sapere che è morta proprio il 17? E' stato un medico a stabilirlo? 
Come si può notare la vicenda nasconde tanti lati oscuri.

Dal documento traiamo altre informazioni. I due coniugi provenivano dalla Francia ed erano poveri come testimonia il ricorso al cimitero degli indigenti. La donna era nata in Francia ma sua madre era sarda, visto il cognome Obino, e i suoi genitori risultano viventi, diversamente sarebbe stata usata per loro la parola quondam (fu). Si può pensare che i genitori di Rosa risiedano ad Alghero dato che sono nominati. Chi avrebbe potuto conoscere il loro nome visto che evidentemente per un certo periodo Maddalena Obino è stata in Francia? Oltre a ciò, di solito negli atti di morte non figura il nome dei genitori del defunto se questo è adulto e infatti mancano quelli di Antonio Caya. Un'altra osservazione è che Maria Anna è “una” figlia, non "la" figlia dei coniugi e sembrerebbe quindi che la famiglia fosse più numerosa.
Notiamo inoltre che il fatto è accaduto nel mese di agosto, subito dopo la festa dell'Assunta.
La lettura del documento fa sorgere tante domande che non possono avere risposta e l'evento rimane enigmatico e misterioso.
Viene spontaneo pensare a qualche fatto drammatico, dovuto a fatalità oppure a violenze volontarie o accidentali. La morte senza sacramenti di una giovane madre di famiglia su un'isoletta disabitata all'interno di una chiesa è certamente un fatto molto particolare, e lo diventa ancor di più se nei giorni successivi muoiono anche il marito e una figlioletta. La singolarità del fatto è evidenziata inoltre dall'anomalia del documento che pare più una cronaca che un atto di morte.
Purtroppo dobbiamo però arrenderci di fronte all'impossibilità di avere delle risposte alle nostre tante domande.


La tragica circostanza ci porta ad approfondire le notizie sulla chiesa di Santa Maria Maddalena che ha dato il nome alla Maddalenetta, poco più di uno scoglio che però ha avuto una storia che si può ricostruire attraverso testimonianze e documenti.


ALCUNE NOTIZIE STORICHE

Abbiamo già visto che la chiesa era sede di canonicato fin dall'istituzione di Alghero a sede vescovile nel 1503. Tra gli ultimi canonici ricordiamo Francesco Marinetto, al quale è succeduto Gian Andrea Massala che viene insediato il 20 novembre 1816 e muore l'11 febbraio 1817 a soli 44 anni. 
Sembra che l'ultimo officiante di S. Maria Maddalena sia stato Carlo Alberto Domenico Mariotti canonico (n. Alghero 1777- m. Cagliari 31/7/1862), nominato dopo il Massala. In realtà dalla fine del 1700 la chiesa non era più aperta al culto e crediamo che fosse già in parte distrutta. Si può dunque affermare che ai tempi di Marinetto la chiesa non venisse più officiata.

Sappiamo infatti che nel gennaio 1805 i negozianti Gio. Vitelli, Giosuè D'Alessio e Stefano Piccielli hanno fatto una richiesta per costruire un lazzaretto di legno a loro spese nell'isolotto della Maddalena visto che non viene concesso loro di fare la quarantena a Capo Galera. Ma il permesso viene negato e il bastimento proveniente da Livorno è costretto a sostare presso Capo Pula (G. A. Màssala, Giornale di Sardegna, Poliedro, 2001, p. 79)
Nel 1812 alcuni arrestati vengono portati nell'isola della Maddalena (Màssala, op. cit.  p. 131).
Il 4 agosto 1816 Giannandrea Màssala viene nominato canonico della cattedrale col titolo della Maddalena (Ivi p. 170).

Nel 1835 «fu disposta la costruzione di un casotto sull'isoletta della Maddalena dove esistevano i ruderi di una vecchia chiesetta, sede di canonicato, per il cui utilizzo fu richiesta e ottenuta l'autorizzazione del capitolo diocesano algherese1». In breve tempo fu costruito un casotto ottagonale che doveva essere utilizzato per la disinfestazione della posta2 nelle occorrenze di malattie contagiose che richiedevano la quarantena, separato con un muro divisorio da un camerino semicircolare3 di 9 mq riservato ai quarantenanti dove era collocato un fornetto provvisto di camino da utilizzare per la disinfezione della posta. Il collaudo avvenne il 24 settembre 1835 ma in realtà la struttura non fu mai attivata. Nel 1846 le autorità competenti rilevarono lo stato di degrado dell'edificio e stabilirono che per il suo ripristino sarebbe stato necessario affrontare delle spese considerevoli. Visto che la posta poteva anche essere risanata nella casetta della banchina di Sanità del porto4 e che c'era il lazzaretto a Capo Galera si ritenne più conveniente abbandonare il casotto che nel 1846 era in completa rovina, «in più parti distrutto, con gli infissi divelti, i vetri rotti, i mobili dell'interno danneggiati e le pareti e il tetto da riparare».5

In pubblicazioni del 1800 troviamo altre informazioni sull'isoletta.

Il canonico Angius dice che la Maddalenetta “è tutta vivo scoglio, bassa, inetta a ogni coltura, e priva di animali, della circonferenza di circa un miglio, al cui riparo possono stare bastimenti di mediocre portata. Ebbe quest'appellazione da una chiesetta che vi sorgeva in onore di tale santa”. (V. Angius, Città e villaggi della Sardegna dell'Ottocento, Ilisso, 1833, p. 78)

La Marmora afferma che vi è ancora una piccola chiesa dedicata alla santa che ha dato il nome all'isolotto e che attualmente è abbandonata. (Alberto della Marmora, Itinerario dell'Isola di Sardegna, Fratelli Bocca, Torino, 1860, Vol II p 101)

Cugia non fa cenno alla chiesa e riporta che l'isoletta era luogo di guardia sanitaria (Pasquale Cugia, Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna, Tipografia Nazionale E. Lavagna, 1892, Vol I, p. 137)
Negli ultimi tempi faceasi scontare la quarantena o, meglio, i barchi sospetti erano sottoposti alla sorveglianza sanitaria, osservazione, nell'isolotto della Maddalena”. (Cugia p. 146)



1  G. Oppia, Il Lazzaretto di Capo Galera, Carlo Delfino Editore, 2016, p. 177
2 La carta si prendeva con pinze per avvicinarla ai fumi ottenuti da fuochi di legni aromatici stando attenti a non bruciarla.
3 La forma semicircolare suggerisce che il camerino sfruttava le fondamenta di un'abside.
4 La costruzione, di circa 45 m2 è del 1838. Giacomo Oppia, Il Lazzaretto di Capo Galera, Carlo Delfino Editore, 2016, p. 198
5 Ivi p. 213



CENNI STORICI DELLA CHIESA DELLA MADDALENA 
di Giuliana Ceravola

 Poche persone ad Alghero sanno che un tempo, sull'isola della Maddalenetta, al posto dell'attuale faro costruito nella prima metà del secolo scorso, sorgeva una chiesa dedicata a Maria Maddalena. Maria Maddalena, detta anche Maria di Magdala, era nata o viveva nella città posta sulla riva del lago di Tiberiade, importante centro commerciale ed amministrativo della Galilea, in cui gli scavi diretti nel 2007/2008 dall'archeologa Dina Avshalom-Gorni dell’Israel Antiquities Authority, hanno riportato alla luce una delle più antiche sinagoghe al mondo, risalente al periodo del Secondo Tempio (50 a.C.-100 d.C.). Magdala si trova a pochi Km da Cafarnao, dove Gesù abitò dopo aver lasciato Nazareth e dove cominciò la sua predicazione; probabilmente è in quel periodo che Maria di Magdala e Gesù si conobbero, ed in seguito la Maddalena divenne discepola di Gesù. Diversamente da tutti gli altri Maestri, infatti, il rivoluzionario Gesù di Nazareth aveva tra i suoi discepoli un gruppo di discepole «che assistevano lui e gli apostoli con i loro beni» (Lc 8, 3). Maria di Magdala ha un ruolo così importante nella narrazione evangelica, che il teologo Ippolito Romano (170-235 d.C.) l'ha definita “Apostola degli Apostoli”. La chiesa a lei dedicata, sorgeva sulla piccola isola della rada di Alghero, e potrebbe essere stata edificata tra il XV ed il XVI secolo; infatti viene citata per la prima volta in un documento del 1526, anno della sua elevazione al titolo canonicale. Il 30 gennaio 1805 Don Gianandrea Massala riporta la notizia di un'imbarcazione mercantile proveniente da Livorno, i cui proprietari chiedono di potersi sottoporre alla quarantena nell'isola della Maddalena (richiesta che non fu accolta)1 ; il fatto porterebbe a pensare che all'epoca la chiesa non fosse più officiata. Ciò nonostante il 4 agosto 1816 Don Gianandrea Massala viene nominato Canonico della Cattedrale col titolo della Maddalena, in successione a Don Francesco Marinetto, morto poco tempo prima; Massala muore poi l'11 febbraio del 1817 e il 10 agosto 1817 il canonicato della Maddalena è affidato a Don Carlino Mariotti, «professore di Logica in queste pubbliche scuole» 2 . Nel 1835 «fu disposta la costruzione di un casotto sull'isoletta della Maddalena dove esistevano i ruderi di una vecchia chiesetta, sede di canonicato, per il cui utilizzo fu richiesta e ottenuta l'autorizzazione del Capitolo diocesano algherese3 ». A quell'epoca dunque la chiesa era in rovina da tempo.
 In città (secondo la tradizione) si dice che la statua lignea sette-ottocentesca ospitata nella nicchia dell'archivolto denominato Porto Salve, sia l'ultima testimonianza rimastaci della chiesa della Maddalena 4 . 

Giuliana Ceravola 
Vetera et Nova 


1 G. A. Màssala, Giornale di Sardegna, Ed. Poliedro, 2001, p. 79 
2 Libro n.9 delle Giunte Capitolari, conservato nell'Archivio Diocesano di Alghero, pag. 127. 
3 Giacomo Oppia, Il lazzaretto di capo Galera, Delfino Editore, 2016, p. 177 
4 Antonio Serra, Le chiese campestri di Alghero, Edizioni del Sole, 2006, p. 72


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giovedì 1 novembre 2018

Halloween in Sardegna



Le vecchie tradizioni a volte ritornano attraverso il passaggio in lontani paesi.
L'antica usanza dei bambini sardi che andavano di casa in casa chiedendo frutta secca, caramelle, dolci, dicendo "A su mottu mottu" si era persa da tempo ed è tornata passando per gli Stati Uniti dove però si dice "Dolcetto o scherzetto?".
Anche l'uso della zucca intagliata è un'antica tradizione sarda.
Peccato che oggi se ne sia perso il ricordo e che si porti avanti una propria tradizione come fosse quella di altre culture.

Per altre informazioni: e-mail - tilgio@virgilio.it

lunedì 29 ottobre 2018

Alghero - Fine Prima Guerra Mondiale

CHIUNQUE VOLESSE UTILIZZARE LE NOTIZIE E I DATI QUI PUBBLICATI (ANCORA IN VIA DI ELABORAZIONE) IN CONFERENZE, STUDI, PUBBLICAZIONI, DEVE GENTILMENTE INDICARNE L'INDIRIZZO WEB E L'AUTRICE.

5 novembre 1918
La notizia dell'armistizio è arrivata in città e il sindaco Carmine Dupré si affretta ad esprimere la gioia di Alghero al generale Diaz.

Ecco la minuta del telegramma inviato.
(Archivio Storico Alghero)




Si noti come la parola saluta sia stata sostituita da acclama che evidentemente è più adatta alla circostanza.


Martedì 12 novembre il Prefetto di Sassari riceve un telegramma del generalissimo Diaz che annunzia: «Il tricolore sventola sul castello del Buon Consiglio e su la torre di san Giusto. Le truppe hanno occupato Trento e sono sbarcate a Trieste, i cavalleggeri sono entrati in Udine».

A mezzogiorno la notizia si è sparsa per tutte le vie e i vicoli di Alghero e il Vescovo Francesco D'Errico ordina che le campane delle chiese suonino a festa con il loro rapic a ball (rintocco a ballo). Inoltre organizza un corteo che si snoderà per la città con il tricolore, la musica e discorsi patriottici.
Invita quindi il Sindaco  e il Consiglio Comunale alla cerimonia che si svolgerà nella cattedrale domenica 17 novembre alle ore 16 per rendere grazie a Dio con un solenne Te Deum. La chiesa viene addobbata come per le più importanti feste, e vi è dovizia di bandiere e di epigrafi per celebrare lo straordinario evento reso possibile «grazie alle preghiere indette dal Santo Padre ed innalzate al trono di Dio dai fedeli, le s. comunioni dei bambini ed il santo sacrificio della messa, il 29 giugno 1918 celebrate da quasi tutti i sacerdoti secondo le intenzioni del sommo pontefice Benedetto XV».
Nel giugno 1918 si era combattuta una grande battaglia che D'Annunzio ha definito "Battaglia del Solstizio" ed è per questo scontro che nelle chiese si erano celebrate le messe.
La cronaca continua così:
«La domenica successiva, 24 novembre, con a capo Mons. Vescovo si andò in pellegrinaggio a Valverde, per ringraziare la Vergine benedetta della grazia ottenuta».

 ASDA Fondo Capitolo, Notizie antiche e cronache, 1.3.5. Repertorio di notizie riguardanti la città di Alghero dal 1855 in appresso, pp 129

Purtroppo, mentre la popolazione viene coinvolta in questi festeggiamenti, si registrano numerosi decessi a causa della pandemia di spagnola, arrivata in città alla fine dell'estate 1918. I morti causati dalle complicazioni dell'influenza sono stati più di un centinaio (almeno 130) tra l'autunno 1918 e i primi mesi del 1919. E proprio a causa del contagio vi sono rigorose limitazioni agli affollamenti e alla frequentazione di luoghi pubblici. Ma la gioia per la fine di quell'incubo durato per troppo tempo è tanta, che si dimenticano quelle regole imposte dalle autorità sanitarie*.

*Cento anni fa l'epidemia di spagnola, di Giovanna Tilocca,  http://www.storiedialghero.it

Il 19 novembre 1918 il sindaco Carmine Dupré apre una sottoscrizione per la neonata Fondazione Brigata Sassari che si propone di offrire assistenza agli orfani dei caduti e ai soldati mutilati.
Egli conclude il suo proclama con il seguente appello:

«Concittadini!
È dovere di tutti di concorrere a favore della  Fondazione Brigata Sassari, di concorrere ognuno in proporzione delle proprie sostanze. Il debito che abbiamo verso i nostri soldati è incalcolabile e qualsiasi sacrifizio noi faremo sarà nulla in confronto ai disagi da essi sofferti. 
Proprietari, professionisti, industriali, artisti (artigiani), operai, pastori, pescivendoli, pescatori, negozianti, contadini, esonerati, siate generosi nell'offrire il vostro obolo a favore di sì nobile e patriottica istituzione».
(Archivio Storico Comunale Alghero, 940/12/31)


I NUMERI DELLA GRANDE GUERRA


Nel periodo bellico sono morti almeno 150 soldati algheresi e 46 residenti ad Alghero ma nati in altri centri sardi. La loro età media era di circa 28 anni. 
Il tributo maggiore di morti è del 1918 con 61 deceduti.


Nella tabella si possono visualizzare le proporzioni tra le varie cause di morte dei nostri soldati. Per sei di loro non si è potuto risalire alla causa della morte in quanto non specificata (Non spec.).
Nel biennio 1918-19 si registrano 39 morti per malattia. Quasi tutti sono vittime della spagnola che ha aggravato il già pesante bilancio di caduti in guerra. L'influenza ha avuto esiti mortali in numerosi casi di contagio nelle truppe malnutrite e stremate da anni di malsana vita di trincea.
Si conoscono storie di famiglie che attendevano il ritorno di un familiare dal fronte a guerra ultimata e che preparavano grandi festeggiamenti per quell'evento che poneva fine ad un interminabile periodo di lontananza e di ristrettezze. Ma quel reduce non poté mai prendere la nave per tornare alla sua terra perché, colto da febbri altissime, era stato ricoverato in un ospedale militare da campo e lì aveva concluso i suoi giorni lontano da tutto e da tutti, stroncato da una semplice influenza. In quella terra avrebbe avuto la sepoltura e i suoi cari non avrebbero neppure potuto dargli l'estremo saluto. Sua figlia, che allora aveva cinque anni, non avrebbe più dimenticato quelle ceste e canestri colmi di dolci profumati nascosti sotto il letto, pronti per festeggiare quell'atteso ritorno. Ma la festa si era trasformata in tragedia e lei non avrebbe più rivisto suo padre.
Delle guerre emergono le battaglie, gli eroismi, le vittorie, le sconfitte, ma la devastazione che producono nella vita delle persone non viene messa in conto.
La celebrazione di questo centenario può portarci a conoscere meglio quell'antico evento per avvicinarci alla quotidianità dei soldati e delle loro famiglie con semplicità, e senza alcuna retorica.

Dati elaborati con gli elenchi pubblicati nel sito www.albodorograndeguerra.it confrontati con 
Raffaele Sari Bozzolo, Vicini cent'anni, 2015

Vorrei ora precisare un dettaglio sul conteggio delle perdite in guerra.
Sembra che il Italia siano morti circa 650 mila soldati a causa del conflitto. 
Si dice inoltre che in Italia ci sono state 400 mila vittime della pandemia*. Sembrerebbe dunque che ci sia stato circa un milione di morti fra guerra e influenza. Ma in realtà numerosi deceduti a causa della spagnola erano militari per cui non è corretto fare la somma delle due cifre poiché si rischia di contare due volte una stessa persona e nel nostro caso i numeri sono molto alti.

*http://www.treccani.it/enciclopedia/influenza-spagnola_(Dizionario-di-Medicina)/



TARGHE PER LA VITTORIA 

Ben presto arriva al Comune di Alghero la proposta di acquisto di una targa commemorativa. Tra i documenti dell'Archivio Storico si trovano alcun stampati della Fonderia Corinthia di Roma.




Bozzetto della targa che raffigura la Vittoria sollevante il simbolico Fascio Romano, e la Gloria alata che sparge allori. A destra gli stemmi di Trento e Trieste.

La targa si poteva ordinare presso la Fonderia Artistica Corinthia di Roma in tre dimensioni.
Tipo A - cm. 76 x 47    - £. 360
Tipo B - cm. 1,15 x 75 - £ 700
Tipo Monumentale - cm. 1,80 x 1,15 - £ 1.200

Secondo quanto si afferma, le targhe, che contengono "l'ultimo epico bollettino di guerra, che resterà nei secoli come il documento più alto e possente della nostra vittoria e come la magnifica sintesi dell'ultima guerra per l'indipendenza d'Italia", sono state fuse con il bronzo tolto al nemico.
Il Municipio di Roma ha già decretato di affiggere una simile targa sul sacro Colle Capitolino e la Fonderia si augura che quell'esempio sia seguito da coloro che sentono vivo l'amore di Patria e il culto per coloro che la vollero grande e indipendente.
Non sappiamo se anche il Municipio di Alghero si dotò di tale targa ed eventualmente quale dimensione scelse.
 Giovanna Tilocca


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giovedì 6 settembre 2018

Il trenino di Alghero anni Cinquanta


Franco Ceravola al centro in piedi con Maria che gli tocca la testa, e Angelino Ceravola a destra con l'abito chiaro. In basso a sinistra c'è Luisa Dettori, futura moglie di Angelino. 


SES COMA UNA STREGLIA
Parole di Franco Ceravola – Musica di Angelo Ceravola


Ses coma una streglia del sel
che dona gliumera a ra nit
ses coma una fara vistira de vel
tramora 'l cor meu si ta mir.
Gliugera la veu tua cunfolt
ma dona al mamentu che pror
no asisti mignona mes beglia de tu
framara che angluina lus ulls.

(grafia catalana)
Ses come una estrella del cel
que dona llumera a la nit
ses come una fada vestida de vel
tremola lo cor meu si te mir.
Llugera la veu tua confort
me dona al momento que plor
no existi minyona mès bella de tu
flamada que enlluina los ulls


Canzone scritta nel 1956, ispirata da una ragazza algherese amica dei due cugini Ceravola al tempo delle scuole superiori quando gli studenti algheresi viaggiavano in treno per recarsi a Sassari dove si trovavano gli istituti scolastici.
In quegli anni c'era ancora il trenino con i sedili di legno e gli sbuffi di vapore che partiva alle sei e impiegava due ore per arrivare al capoluogo. Il vagone si trasformava in un cabaret con canzoni, barzellette, battute, prese in giro. Le due ore del mattino volavano, come quelle del pomeriggio quando si riprendeva il treno alle 14 per arrivare ad Alghero alle 16 anche se allora c'era un po' di stanchezza.





Le soste di San Giorgio e di Olmedo si protraevano per un quarto d'ora e consentivano ai giovani studenti di scendere dal treno nelle belle giornate.
Questa doveva essere un'occasione speciale perché alcuni indossano abito e cravatta ed evidentemente c'era un fotografo. Qui le ragazze sono proprio scatenate e hanno come oggetto della loro attenzione Franco Ceravola.
Come si può notare non mancava la chitarra che probabilmente era di Franco Niccu (che la tiene in atto di suonarla), divenuto in seguito un bravissimo chitarrista.

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venerdì 6 luglio 2018

Adelasia di Torres: leggenda e storia



CHIUNQUE VOLESSE UTILIZZARE LE NOTIZIE E I DATI QUI PUBBLICATI (ANCORA IN VIA DI ELABORAZIONE) IN CONFERENZE, STUDI, PUBBLICAZIONI, DEVE GENTILMENTE INDICARNE L'INDIRIZZO WEB E L'AUTRICE.


Dopo la conferenza organizzata dall'Associazione di Alghero Vetera et Nova, tenuta da Stefano A. Tedde sulla figura di Adelasia di Torres, ho riletto un mio articolo di ben 32 anni fa, quando ho scoperto questa figura di donna alquanto enigmatica, legata a luoghi molto importanti del nostro medioevo: Ardara e Burgos. Questa è  la relazione della mia prima visita a Burgos.

IL CASTELLO DEL GOCEANO

Mentre salgo per un ripido sentiero erto e confuso tra le rocce mi viene spontaneo pensare ad Adelasia di Torres che si è ritirata tra le mura poco ospitali di questo castello dopo un'infelice esistenza per morirvi intorno al 1256.
E' un'ulteriore conferma dell'indissolubile unità che lega la storia con i luoghi e che riesce a dare fascino e attrattiva a mute pietre che con la loro presenza testimoniano nei secoli l'affannarsi e l'affaccendarsi di tanti uomini e donne nello spazio del loro breve ed ormai lontano passaggio terreno.



Il castello del Goceano a Burgos si erge arroccato su un'altura di difficile accesso e la sua funzione era essenzialmente difensiva. La sua costruzione, ordinata dal giudice  Gonario di Torres, risale al 1130 ed il luogo fu accuratamente scelto nella zona di confine fra i tre giudicati di Cagliari, d'Arborea e di Torres, a baluardo di quest'ultimo. Con la morte di Adelasia il giudicato di Torres si sgretolava e cadeva nelle mani di alcune famiglie genovesi; anche la rocca cambiava padrone e passava ai giudici di Arborea. Nel 1353 ai suoi piedi Mariano IV di Arborea fondava il paese di Burgos. Nel 1479 il giudicato d'Arborea veniva definitivamente assorbito dagli Aragonesi e vennero così a mancare le motivazioni per le quali il luogo era stato fortificato per cui ebbe inizio il periodo dell'abbandono e della decadenza.


L'accesso alla torre è ora possibile tramite la scala a pioli. (Foto 6 agosto 2011)

Il rammarico più forte per chi visita il castello è certamente quello di non poter entrare nella torre; ormai non vi è più traccia che possa farci immergere nel quotidiano di quegli antichi tempi: non una stanza, non una sala agibile, né una qualsiasi suppellettile. 



Inquadrato dalle finestre della muraglia, il sottostante borgo si mostra lontano al mio sguardo, ma neanche questa visione così particolare riesce a distogliermi dal mio desiderio più vivo che è quello di vedere animati i silenziosi e vuoti spazi che mi circondano. Mentre attraverso lentamente il vasto cortile ricoperto da erbe selvatiche cerco di richiamare alla memoria le inquietanti vicende della vita di Adelasia.
Figlia di Mariano II di Torres fu concessa in moglie nel 1219 ad Ubaldo Visconti che così nel 1237 aggiunse al giudicato di Gallura che aveva occupato, quello di Torres. Un anno dopo, nel 1238 Ubaldo morì e Adelasia si trovò sola e senza eredi a reggere le sorti del giudicato di Torres. Lo stesso anno sposò Enzio, figlio naturale di Federico II di Hohenstaufen il quale assunse così il titolo di re di Sardegna. Pare che Enzio, diciottenne, fosse di circa vent'anni più giovane della sposa, e viene descritto come un valoroso guerriero amante delle lettere e molto ambizioso. La sua permanenza in Sardegna fu breve poiché in lui era forte il richiamo delle fastose corti d'oltremare e delle battaglie. Dall'unione, sciolta dal papa nel 1244 nacque Elena che sposò il conte Ugolino o, secondo altri, Guelfo. Enzio morì nel 1272 a Bologna dopo vent'anni di prigionia. Vicario di re Enzio fu Michele Zanche, sassarese, il barattiere di dantesca memoria e a questo punto la storia si mescola con la leggenda: si tramanda che, relegata dal marito nel castello del Goceano, Adelasia ebbe una relazione con Michele Zanche, e così nacque Agnete che andò sposa a Branca Doria.
Secondo studi più recenti Elena sarebbe nata dalla relazione di Enzio con un'altra donna. Fu lei a ereditare il titolo di regina di Sardegna alla morte di suo padre.


I contrafforti del castello poggiano sulla viva roccia.

Questa sfortunata regina senza regno fu quindi ripetutamente vittima di coloro che, con precisi scopi ed interessi, ne avevano fatto una pedina per giochi ai quali lei era rimasta sempre estranea. Ma il momento più doloroso fu senz'altro quello dell'abbandono di Enzio che la costrinse a lasciare il castello di Ardara, capitale del Logudoro, per trasferirsi nella desolata e solitaria rocca del Goceano. 


La scala per accedere alla costruzione.

Ricordiamo che allora il paese di Burgos non era ancora stato edificato e possiamo immaginare quanto malinconici siano stati i suoi ultimi anni di vita confortati soltanto dall'assistenza spirituale di frate Pietro di Ardara e di frate Serafino. Morì senza eredi maschi e per testamento lasciò ogni sua proprietà alla chiesa.
Occorre sottolineare la scarsità di documenti certi riguardanti questo periodo e questa storia; non vi è accordo neppure sulle motivazioni del suo ritiro nel castello del Goceano. Alcuni dicono che fu costretta da Enzio, altri affermano che lei stessa lo scelse volontariamente alla ricerca di pace e tranquillità. Penso che comunque la seconda ipotesi sia più lontana dalla realtà e ve ne renderete conto voi stessi quando vi arrampicherete con fatica per quell'improba salita. Perché lasciare la reggia di Ardara per relegarsi in questo luogo così solitario ed isolato, certamente terribile e spaventoso nelle notti di tempesta?
Questa ed altre domande rimarranno senza risposta ed invano cercheremo la verità di periodi così oscuri ed enigmatici della nostra Isola.

Articolo pubblicato su "Nuova Comunità" nel dicembre 1986.

Le fotografie sono state scattate nella visita del 6 agosto 2011.

Notizie tratte da "Adelasia di Torres" di Enrico Costa, Editrice Quattro Mori, 1974, controllate e rivedute con siti web.



Pannello esplicativo  del castello




ALBERI GENEALOGICI








Alberi genealogici ricostruiti con siti web (Treccani, Wikipedia, etc.)


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martedì 29 maggio 2018

Governo? No, grazie!

Un po' di sano realismo conduce ad analizzare le possibili cause della sceneggiata avvenuta sotto i nostri occhi domenica 27 maggio 2018.

Tre ipotesi:
1° Il presidente della repubblica subisce imposizioni interne e/o esterne. A chi deve la sua elezione?

2°  Salvini ha fatto il furbo e ha fatto saltare il patto motivandolo con questioni di principio che non hanno convinto nessuno.

3° Il Movimento 5 Stelle è troppo scomodo ai vari poteri ed è stato neutralizzato mediante le varie trattative per un governo che, fin dall'inizio, sembrava impossibile.

Ogni volta che si vuol fare un colpo di mano si tira fuori lo spread. Così è stato per far dimettere Berlusconi, e così è ancora accaduto in questa circostanza.

Ma ci prendono proprio per sprovveduti, ingenui e mammalucchi?

E' penoso vedere questi saltimbanchi che devono inventarsi mille acrobazie per non farci capire che per loro siamo soltanto massa informe, scomoda, completamente inutile.

Chi è riuscito ad arrampicarsi un po' più su e crede di essersi distinto dal gorgo della esubera manovalanza umana, gestisce il suo potere all'esclusivo scopo di mantenersi dove è, e magari salire un po' più in alto. Il peggio è che molti continuano ad ascoltare costoro e a credere ai loro funambolismi dialettici.
L'unico divertimento che ci è rimasto è vederli annaspare per non affogare mentre almeno noi abbiamo imparato a nuotare nel mare delle estorsioni legalizzate e delle prepotenze burocratiche.
Non è il mondo peggiore, su questo non c'è dubbio, ma non è un bel mondo.
Qualcuno si chiederà dove voglio parare. 
In realtà sono rassegnata e non riesco neppure a indignarmi. Piuttosto vedo che si compiono puntualmente le leggi della natura e mi dà soddisfazione avere la lucidità di capire che devo vivere la mia vita senza farmela stravolgere dall'ingordigia e dall'avidità di questi spregevoli individui.


Foto Web

Studiando un po' di storia si capisce che non è proprio possibile liberarsi dai parassiti, ma bisogna imparare a convivere con loro.
Grande filosofia e magra consolazione.

mercoledì 23 maggio 2018

Genealogie delle famiglie Alivesi

Si sta costituendo un gruppo per le ricerche genealogiche in Sardegna. Gli aderenti riceveranno documenti da centri sardi e in cambio daranno i documenti del proprio luogo di residenza. Sono personalmente disponibile ad inviare per e-mail le foto di documenti degli archivi di Alghero. Chi vuole partecipare agli scambi potrà inviare una e-mail a tilgio@virgilio.it


GENEALOGIE DELLE FAMIGLIE ALIVESI DI ALGHERO



Per fare una ricerca genealogica attraverso i documenti della Diocesi di Alghero Bosa non vi è altro sistema che quello di fotografare tutti i documenti relativi al cognome che si sta cercando, anche quelli che appaiono fuori dalla sfera di interesse. Questo accade perché fino alla seconda metà dell'Ottocento nei matrimoni e nelle morti non si fa cenno dei genitori della persona di cui si parla e solo un controllo a tappeto può aiutarci a ricostruire le situazioni familiari. Il lavoro diventa così molto lungo e complicato e, per la verità, la certezza al cento per cento non è garantita a causa di omonimie o di errori nei registri. Tuttavia è l'unica strada percorribile.
Mi sono trovata ad avere migliaia di documenti e centinaia di alberi genealogici relativi a numerose famiglie di Alghero e ho deciso di pubblicarli divisi per cognomi.
Chi volesse utilizzarli in pubblicazioni di qualsiasi natura è pregato di citare l'indirizzo del presente post.
Per motivi di riservatezza non si pubblicano alberi genealogici di persone nate dopo il 1918. Chi avesse delle precisazioni o correzioni da proporre è pregato di segnalarle con un commento. Grazie.


FAMIGLIE ALIVESI - LIVESI

 Alivesi/Livesi/Livesu è un cognome di origine corsa. In Sardegna è presente da vari secoli. A Ittiri c'è l'ospedale Alivesi e Pasquale Tola parla di due Alivesi. Ad Alghero il cognome era molto diffuso nel 1700 e nel 1800. Anche oggi risiedono in città numerosi Livesi e Alivesi, alcuni provenienti da Villanova.

La data a destra dei cognomi in alto si riferisce al matrimonio. Talvolta è seguita da un punto di domanda perché non si basa sull'atto di matrimonio ma sulla data di nascita o di cresima del primo figlio/a trovato nei relativi atti. Per le nascite ho riferito l'anno precedente, per le cresime ho calcolato che il figlio/a avesse 10 anni. In realtà ho poi verificato che in casi particolari si cresimavano persino i neonati o comunque bambini molto piccoli.
I nomi di difficile lettura e interpretazione sono  seguiti da punto di domanda .
Con molto tempo a disposizione e molta pazienza si può riuscire a individuare le parentele tra i vari Alivesi mettendo in relazione i nomi dati ai figli, i nomi dei padrini e quelli dei testimoni di nozze.




Questo albero genealogico non contiene il cognome Alivesi ma è importante perché nel 1843 Michele, un discendente di Antonio Gavino sposa Maria Giuseppa Alivesi e una discendente, Maria Santa Rosella, sposa Andrea Alivesi nel 1837.
Come si vede Gavino Rosella, che veniva da Sassari, ha molti figli che diventano adulti e si sposano dando origine ai Rosella di Alghero. Un suo figlio, Giacomo, si è trasferito a Villanova dove troviamo
numerose famiglie Rosella per tutto il 1800.

Nella pagina dove è citata la cresima di Giovanni si trova un'altra cresima nella quale Maria Ignazia Alivesi è madrina di Teresa Meloni.


L'abbreviazione PP sta per "padrini".



Nell'atto di battesimo di Gavino il nome del padre è Pietro. Può essere un errore oppure c'era un Pietro Coco sposato con un'altra Barbara Alivesi. E' più probabile l'errore.


Sono nate tre bambine con il nome Nicoletta ma sono tutte morte in tenera età.
Sono state seppellite nella cappella di San Narciso della cattedrale dove venivano inumati gli agricoltori e i loro familiari in quanto San Narciso era il loro patrono.
Il nome del padre di Nicoletta cresimata nel 1761 è Giuseppe ma può trattarsi di un errore.







Nell'atto di battesimo di alcuni figli il padre è Giovanni Domenico o Antonio Domenico, ma la madre è sempre Maria Ignazia Ortu. I nomi dei primi figli Antonio e Nicola sono in neretto perché si ripetono.









Rimasto vedovo, Andrea Alivesi si risposa con Maria Santa Rosella il 24 dicembre 1837




Attraverso i documenti si può ricostruire la vita di Andrea Alivesi e della sua famiglia.
Andrea era nato nel 1805 e si era sposato una prima volta nel 1830 con Maria Antonia Poddine. La prima moglie muore e lascia una figlia, Maddalena. In realtà potrebbero esserci anche altri figli ma non sappiamo quanti figli siano nati e quanti fossero eventualmente vivi al momento del nuovo matrimonio di Andrea.
Nel 1837 Andrea a 32 anni si risposa con Maria Santa Rosella di 20 anni. Dal matrimonio nascono 11 figli ma quattro muoiono nell'infanzia. Nell'estate 1855 arriva il colera in città. Il 2 settembre 1855 Andrea muore a cinquant'anni. In quel momento la famiglia è composta da sette figli. Giuseppe, il primogenito, ha 16 anni, e ci sono due gemelli nati il 1° agosto 1855. Maria Santa deve affrontare il pesante lutto e nello stesso tempo si trova ad accudire i gemelli e due figli ancora piccoli, Salvatore di sei anni e Francesco di due anni in una città aggredita dalla terribile epidemia di colera. Purtroppo i gemelli non sopravvivono in tale situazione e muoiono l'11 ottobre 1855. Per Maria Santa la serie dei lutti non è finita. Pasquangela, sposata con Antonio Costanzo, muore a 24 anni nel 1866. Tre anni dopo muore il primogenito Giuseppe, a trent'anni.
Gli unici che di sicuro sopravvivono alla madre sono Antonia che, rimasta vedova appena sposata, si risposa, e Salvatore. Il suo albero genealogico è Alivesi/Fannis 1877.
Il 23 luglio 1897 nasce una figlia di Salvatore che avrà il nome della madre appena deceduta a 80 anni. Non abbiamo notizie di Francesco.

Questo albero genealogico è molto importante perché alcuni Rosella che ancora vivono ad Alghero discendono da Michele Rosella del quale ho ricostruito l'ascendenza fino ad Antonio Gavino, di Sassari, che sposa Maria Giuseppa Esquinto intorno al 1736 (vedi albero genealogico Rosella/Esquinto 1736).
Michele Rosella era fratello di Maria Santa Rosella sposata con Andrea Alivesi (Vedi albero genealogico Alivesi /Rosella 1837).






continua....